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Pindaro

EPINICI

 

1.

PER SENOCRATE DI AGRIGENTO, VINCITORE COL CARRO

Udite: il campo di Afrodite

occhi vivaci o delle Grazie

noi ariamo, muovendo al tempio

ombelico della terra altitonante;

qui, agli Emmenidi felici, alla fluviale Agrigento

e a Senocrate, per la vittoria pitica,

è costruito, nella valle ricca d'oro

di Apollonia, un tesoro di inni,

che mai la pioggia invernale - esercito

irruento e spietato

di nuvola risonante - né il vento con detriti

confusi percuotendolo sospingeranno

negli abissi del mare. Nella luce pura, la sua fronte

annuncerà nei discorsi dei mortali,

o Trasibulo, la vittoria illustre, comune a tuo padre e alla stirpe,

riportata col carro nelle valli di Crisa.

Nella mano destra serbandolo, tu guidi

dritto il precetto

che una volta - narrano - sui monti

il figlio di Filira impartì al Pelide,

separato dai suoi genitori: tra gli dèi, onorare

soprattutto il figlio di Crono, dalla voce grave, signore

dei lampi e dei fulmini; e non privare mai di questo onore

i genitori per la vita che loro è destinata.

In altro tempo, sentimenti simili nutriva

il forte Antiloco,

che morì per il padre, affrontando

Memnone sterminatore, re

degli Etiopi. Colpito da frecce di Paride,

bloccava un cavallo il carro di Nestore. Protese

Memnone la lancia possente. Turbata, la mente

del vecchio Messenio gridò il nome del figlio.

A terra non cadde la sua parola. Lì

resistendo, l'uomo divino

comprò con la sua morte la vita del padre;

e compiuta l'impresa immane, egli parve

ai più giovani della stirpe antica

il più grande per virtù verso i genitori.

Ma questo è passato. Dei giovani di ora, più di tutti

Trasibulo procede secondo la norma paterna

e segue lo zio in ogni splendore.

Con senno egli usa la ricchezza,

e coglie una giovinezza non ingiusta né tracotante;

ma negli antri delle Pieridi coltiva la poesia,

e a te, Scuotitore della terra, che governi le gare dei cavalli, o Poseidone,

si dedica, con animo fervente.

Dolce anche nei rapporti conviviali, la sua indole

supera l'opera traforata delle api.

2.

PER TEEO DI ARGO LOTTATORE

...

Mutando a vicenda la sorte,

essi un giorno dimorano presso Zeus,

il padre diletto; un altro, nelle cavità della terra,

nei recessi di Terapne,

compiendo un uguale destino. Questa vita

scelse Polluce, più che essere in tutto un dio

e abitare nel cielo, poi che era morto

Castore in guerra.

L'aveva trafitto Ida

irato per i buoi, con la punta della lancia di bronzo.

Dal Taigeto, spiando, Linceo

lo scorse acquattato nel cavo

di un tronco di quercia: ché di tutti i mortali

egli aveva più acuto

lo sguardo. Con corsa veloce subito

lo raggiunsero, e ordirono in breve il grande misfatto.

Ma dalle mani di Zeus una pena terribile patirono

gli Afaretidi. Inseguendo,

giunse presto il figlio di Leda; ed essi si opposero

a lui presso la tomba del padre.

Divelta di qui una pietra levigata, ornamento di Ade,

la scagliarono contro il petto a Polluce; ma non lo schiacciarono

né lo respinsero. Balzò egli con la lancia veloce,

e immerse il bronzo nel fianco a Linceo.

Contro Ida scagliò Zeus il suo fulmine, portatore di fuoco, fumoso:

insieme essi arsero, in solitudine. Difficile è per i mortali

lottare coi più forti.

Sùbito il figlio di Tindaro

tornò indietro presso il forte fratello:

non morto ancora, ma per l'affanno

scosso da rantoli convulsi lo trovò.

Versando lacrime calde, tra i gemiti,

gridò: «Padre Cronide, quale rimedio sarà

ai miei dolori? Ordina anche a me,

insieme a lui, la morte, o Signore.

Per l'uomo privato dei suoi cari

perduta è la gloria: nell'affanno, sono pochi i mortali

che, fedeli, partecipano alle pene». Così

disse. Zeus davanti gli venne

e pronunciò queste parole: «Tu sei mio figlio;

poi, congiuntosi alla madre tua,

l'eroe suo sposo stillò

il seme mortale. Ma orsù, questa scelta

io ti concedo: se evitata la morte

e la vecchiezza aborrita,

tu vuoi abitare con me nell'Olimpo,

con Atena e con Ares dalla lancia nera,

è possibile a te questa sorte. Ma se per il fratello combatti,

e ogni cosa pensi dividere con lui in parte uguale,

metà del tempo vivrai sotto la terra,

e metà nelle dimore d'oro del cielo».

Così parlò. E Polluce non pose alla mente un duplice pensiero:

sciolse l'occhio e poi la voce

di Castore dalla cintura di bronzo.

3.

PER TEOSSENO DI TENEDO

Al momento opportuno dovevi, animo mio,

coglier l'amore, in giovinezza.

Ma guardando i raggi

che dagli occhi di Teosseno balenano,

chi non trabocca di desiderio, ha il cuore nero

temprato nell'acciaio o nel ferro

con gelida fiamma. Disprezzato

da Afrodite pupille vivaci,

o soffre pene violente per ottenere guadagni,

o, servo di tracotanza femminile,

freddo percorre ogni sentiero.

Ma io, a causa di lei, come la cera delle api sacre

morsa dal calore, mi consumo, quando guardo

la giovinezza degli adolescenti dalle membra floride.

In Tenedo, certo,

Peito e Grazia abitano

nel figlio di Agesilas.