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Alcmane

FRAMMENTI

 

1.

... Ordite imprese

malvagie, essi soffrirono pene indimenticabili.

Vi è una punizione divina:

è felice chi, saggio,

trascorre il giorno

senza pianto. Io canto

la luce di Agido. Vedo lei

come il sole, che Agido

invoca, perché risplenda

a noi. Né di lodarla

né di biasimarla mi consente

la nobile corega. Ella sembra

spiccare, come se tra le mandrie

ponesse qualcuno un cavallo robusto,

vincitore di gare, dallo zoccolo risonante,

dei sogni alati.

Non vedi? Venetico

è il destriero; e la chioma

di mia cugina

Agesicora fiorisce

come oro puro.

E il volto argenteo -

ma perché dire apertamente?

Lei è Agesicora.

Seconda, in bellezza, Agido

come cavallo Colasseo correrà accanto all'Ibeno.

Come l'astro Sirio levandosi,

esse, le colombe, fanno guerra

a noi che portiamo l'aratro alla dea del mattino,

nella notte divina.

Né sazietà di porpora,

tanta da poterci difendere,

né screziato serpente

tutto d'oro noi abbiamo, né mitra

lidia, ornamento di fanciulle

dallo sguardo dolce;

né le chiome di Nanno abbiamo,

né Areta simile a una dea,

né Tilaci né Cleesitera;

né andata da Enesimbrota:

«Sia mia Astafi,

volga verso di me lo sguardo Fililla,

e Demareta e Iantemi adorabile», dirai,

ma: «ČAgesicora che mi consuma».

Non è qui Agesicora

caviglie sottili;

ella resta accanto a Agido,

e loda la nostra festa.

Accogliete, o dèi,

la loro preghiera: degli dèi è il compimento

e la fine. Lo dirò,

o corega: io, fanciulla,

ho gracchiato vanamente come civetta

da una trave. Ad Aotis

soprattutto io voglio piacere: a noi

fu sollievo dagli affanni.

Da Agesicora le fanciulle

conseguono la pace desiderabile.

...

2.

Muse dell'Olimpo, colmate

l'animo mio di desiderio

del nuovo canto: io voglio ascoltare

la voce delle vergini

che innalzano al cielo il bell'inno;

così, più facilmente,

dalle palpebre dileguerà il sonno dolce.

Sùbito, la voglia mi prende di scendere in gara,

dove scuoterò la chioma bionda.

* * *

...

e con desiderio che fiacca le membra, lancia sguardi

più struggenti del sonno e della morte;

e non vanamente ella è dolce.

Ma Astymeloisa non mi risponde.

Cingendo la corona,

come stella che solca

il cielo splendente,

come ramoscello d'oro o soffice piuma,

passò attraverso

il gruppo delle compagne, con piedi veloci;

e l'umida grazia di Cinira, che rende belle le chiome,

siede sui capelli della vergine.

...

3.

Fanciulle dal canto di miele, dalla voce sacra, non più

le membra possono portarmi. Oh, fossi io un cerilo,

che sul fiore dell'onda, insieme alle alcioni vola,

con il cuore che non conosce paura, sacro uccello, colore della porpora marina.

4.

Di nuovo Eros, a causa di Cipride,

dolce inondandomi, scalda il mio cuore.

5.

Dormono le cime dei monti, e le gole,

le balze e le forre;

la selva e gli animali che nutre la terra nera:

le fiere dei monti e la stirpe delle api,

e i pesci nelle profondità del mare agitato.

Dormono le stirpi degli uccelli, dalle ali distese.